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Il Museo, istituito nel 1932 a seguito dei lavori di ripristino della Collegiata e oggi completamente rinnovato nell’allestimento, è collocato nei locali adiacenti alla chiesa dove gli antichi cononici condussero, fino al XV secolo, vita in comune. Vi si accede dal sagrato antistante la facciata attraversando il bel chiostro databile alla fine del XIII o all’inizio del XIV secolo.
Il Museo contiene opere provenienti dalla Collegiata stessa: argenterie e arredi sacri, dipinti, sculture, mobili, codici e materiali d’archivio. Fa eccezione, per quanto concerne la provenienza, il Crocifisso in rame e bronzo datato XII secolo, ritrovato da Giulio Ulisse Arata ai piedi del Battistero di Viglol Marchese durante i restauri. L’opera è composta da una croce astile in rame, finemente lavorata a bulino, e da un Cristo patiens in bronzo. Interessanti confronti possono essere stabiliti con altri Crocifissi coevi di ambito tedesco e borgognone. Alla chiesa di Santa Maria Assunta di Castell’Arquato appartiene sicuramente il Paliotto d’Altare con due pannelli raffiguranti La comunione degli apostoli sotto le due specie, opera di ricamo in seta (sciamito unito e ricamato) in cui è possibile individuare il prodotto di una manifattura bizantina databile tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV. Fu lasciato in eredità alla chiesa di Santa Maria, come si ricava dalle fonti, dal Patriarca di Aquileia Ottobono Robario de’ Feliciani rifugiatosi a Castell’Arquato nel 1314 per sfuggire alle minacce di Galeazzo Visconti poco prima della sua morte. Il prezioso ricamo originariamente costituiva un velo eucaristico in uso nel rito ortodosso ed è stato successivamente adattato per ornare l’altare presso il quale si trovava la tomba del generoso donatore. Particolare interesse riveste il Polittico raffigurante la Madonna in trono con il Bambino e Santi la cui destinazione originaria fu quasi certamente uno degli altari della Collegiata di Castell’Arquato, come dimostra lo stemma del borgo ripetuto nel primo e nell’ultimo tondo del triangolo delle cuspidi. Sono state evidenziate dagli studiosi forti somiglianze tra il polittico di Castell’Arquato e opere coeve di ambito ligure, per cui l’opera è stata attribuita ad un pittore proveniente da quella regione. Tale dipinto è quindi da considerarsi un’importante testimonianza degli stretti rapporti tra Genova e Piacenza agli inizi del XV secolo - l’opera è datata al secondo decennio del XV secolo - e di come dalla Liguria giungessero in Emilia e in particolare nel piacentino singolari esempi di quella raffinata cultura figurativa. Si è anche avanzata la suggestiva ipotesi di un possibile collegamento tra il polittico di Castell’Arquato e gli affreschi dell’abside della Pieve di Vigoleno del medesimo periodo.
Degna di nota è la Croce Astile con base a forma di tempio ottagonale, complesso lavoro di alta oreficeria nelle sue diverse fasi realizzative. La Croce (in argento dorato con smalti traslucidi), infatti, risulta databile tra il XIV e XVI secolo e sembra opera di un ignoto orafo, mentre l’impugnatura e il basamento (in rame dorato e argentato con smalti traslucidi) sono assegnabili con certezza al 1544 grazie all’ascrizione incisa nella fascia dell’architrave, che riporta il nome di Bartolomeo Zucconi quale artefice.
Nella sezione dei paramenti sacri particolarmente ricca in questo museo, spicca il Piviale in seta bianca con cappuccio e stolone realizzati a ricamo in oro filato, argento filato e sete policrome, databile al primo quarto del XVI secolo. Il particolare interesse che tale opera riveste deriva soprattutto dalla rarità di questo genere di ricamo in territorio emiliano. Tra i dipinti si segnalano una Deposizione di Ignazio Stern (1722); una Pietà, un Cristo mostrato al popolo e un Cristo Incoronato di spine tutti di Gaspare Traversi, assegnabili alla metà circa del XVIII secolo. All’ambito della bottega del Magnasco appartiene la Sepoltura di un monaco, anch’esso databile al XVIII secolo, mentre a Gaspare Landi si deve l’Assunta, opera risalente all’inizio del XIX secolo.