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La notte di Natale del 1798 bruciò il Teatro della Cittadella, che era stato il centro dell'attività di spettacolo per oltre 150 anni e il 24 agosto 1803 iniziò la costruzione del nuovo Teatro, su progetto del piacentino Lotario Tomba e per iniziativa di una Società privata appositamente costituita da nobili della città. Vi si trovano tutte le novità introdotte nell'architettura teatrale dal Piermarini e dal Morelli nell'ultimo quarto del secolo XVIII: la forma della scala con curvatura a ellisse contornata da 26 palchi allineati in balconata continua e chiusa da volta ellittica centinata.
L'inaugurazione avvenne la sera dal 10 settembre 1804 con l'opera Zamori appositamente composta e diretta da Giovanni Simone Mayr, il maggior musicista del momento.
Il teatro nel 1816 fu ceduto alla Comunità di Piacenza, per cui si chiamò comunitativo. Nel 1826 furono effettuati interventi di abbellimento da parte di Alessandro Sanquirico, celebre scenografo della scala dal 1806 al 1832, che dipinse anche il “Sipario Fiammingo” con un ballo campestre. Tre anni dopo il podestà Luigi Guarnaschelli poté dal luogo alla costruzione della facciata, che rimase quella del Tomba, con porticato a sette architetture in bugnato. Nel 1857 furono compiuti importanti interventi di risanamento e abbellimento, che portarono il Teatro nelle forme di eccellenza tuttora ammirabili. Si cominciò dalla sala dei pittori scenografi e poi la decorazione artistica riguardò il foyer e la sala di spettacolo ad opera di numerosi artisti piacentini. Il foyer fu suddiviso da vetrate in tre ambienti comunicanti, con un effetto di ampia spazialità, e la volta fu dipinta a fresco; la Sala del Caffè a destra dell'atrio è stata rinnovata e riaperta nel 2001. All'ingresso della Sala delle Rappresentazioni fu posto un cammeo a stucco con il ritratto del Tomba, mentre Girolamo Magnani ridipinse la volta della ellittica e la suddivise in otto scomparti. Le elegantissime cornici e l'arco di proscenio furono indorate in foglia d'oro da artisti piacentini, ai quali si devono anche “graziose bandinelle o rideaux dei palchi sostituite alle cortine primitive”. Fu intagliato e dorato anche il “Palco della Corona” con le sue imponenti e raffinate protomi zoomorfe. Di speciale pregio e bellezza rimangono le lampade della sala, a candeliere e a palloncino, che ricordano l'illuminazione a gas della metà dell'Ottocento.