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Il piacentino Giulio Alberoni (1664-1752) rappresenta un tipico esponente della società colta, eclettica e raffinata che ha caratterizzato l’Europa del secolo XVIII. Ottenne la porpora cardinalizia nel 1717 e fu un raffinato uomo di cultura e appassionato collezionista d’arte, ma soprattutto un abile uomo politico e allo stesso tempo un esperto d’affari in rappresentanza del duca di Parma e Piacenza.
Raggiunse l’apice del suo successo politico attraverso la nomina, nel 1716, a primo ministro del re di Spagna, ottenuta in virtù del matrimonio da lui combinato tra Filippo V ed Elisabetta Farnese, nipote del Duca di Parma e Piacenza. Dopo il fallimento della strategia di ripristino in Italia del dominio spagnolo, che si tradusse per volere di Filippo V nel tentativo di occupare la Sardegna e la Sicilia nel 1717, il cardinale subì una rovinosa caduta politica e dovette fuggire precipitosamente dalla Spagna, evitando la cattura e la persecuzione. Il cardinale si ritirò a Roma, da cui nel 1735 ripartì come legato pontificio per Ravenna e, nel 1740, per Bologna, fino a concludere la sua esistenza a Piacenza dove fondò nel 1751 il Collegio che ancor oggi porta il suo nome e dove morì il 26 giugno 1752.
Fin dal primo soggiorno romano nel 1705, l’Alberoni cominciò a coltivare la passione per l’arte antica, moderna e contemporanea, non solo acquistando un considerevole numero di dipinti antichi (circa 240), di cui prediligeva in particolare i fiamminghi (Dürer, Provost) e i maestri del Rinascimento e del Barocco italiano (Raffaello, Correggio, Andrea del Sarto, i Carracci, Caravaggio, Reni, Luca Giordano, Salvator Rosa), ma anche mostrando un particolare interesse per gli arredi preziosi.
A questo proposito è da ricordare che l’Alberoni fu particolarmente legato a Gian Paolo Panini (1691-1765), suo concittadino, cui commissionò gli affreschi della Galleria del palazzo romano e il grande dipinto con la Cacciata dei mercanti dal Tempio, conservato oggi nella Pinacoteca del Collegio. Al pittore romano Placido Costanzi (1690-1759), affidò, inoltre, l’incarico di dipingere sulle pareti della villa di Sant’Agnese un affresco allusivo al processo che aveva dovuto subire al ritiro dalla Spagna, di cui rimane un bozzetto ad olio. Egli si fece ritrarre, inoltre, dal genovese Giovanni Maria delle Piane, detto il Molinaretto (1660-1745), uno degli artisti più apprezzati alla corte del duca Francesco Farnese.